enigmas PRESS: Rueda de Prensa NASA: anuncio - conferencia mister...: "La NASA ha convocado a una misteriosa rueda de prensa, conferencia - anuncio, que será televisada a todo el planeta, pero no se dieron ma..."
signori, cosa starà succedendo, la Nasa cosa cerca oppure cosa avrà perso?
Senores, que estara pasando, que estar buscando o que se le habra perdido a la nasa?
Seguimos observando
la relatività, la verità non assoluta, la libertà non assoluta. niente è assoluto in questa vita, chi sa se nella prossima
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martedì 30 novembre 2010
domenica 28 novembre 2010
Top 10 Animaladas de Chavez -el pez muere por la boca-
http://www.youtube.com/watch?v=Ojzhhskr5B0
Senores,
el senor HUGO CHAVEZ FRIAS el dictator de Venezuela tiene los dias contados....
la verdad es como una onda que tarde o temprano arrasa con todo...
la verdad arrasara con el pseudo socialismo del siglo xx + 1
los 30 amigos de la HUMANIDAD, los derechos lo estan esperando
el TRIBUNAL DE LA HAYA lo esta esperando
La historia lo esta esperando
La memoria lo esta esperando
y las masas amorfas de amebas rojs, rojitas que aplauden porque tienen la barriga llena (el regimen lanza bocados de pan como a los perros) a ellos tambien la historia los espera
a esas focas que aplauden porque amaestradas
a esos monos que imitan
a esos burros chaviburros que rebuznan..
abrid los ojos, aun estais a tiempo
OJO LA HISTORIA NO PERDONA...
Senores,
el senor HUGO CHAVEZ FRIAS el dictator de Venezuela tiene los dias contados....
la verdad es como una onda que tarde o temprano arrasa con todo...
la verdad arrasara con el pseudo socialismo del siglo xx + 1
los 30 amigos de la HUMANIDAD, los derechos lo estan esperando
el TRIBUNAL DE LA HAYA lo esta esperando
La historia lo esta esperando
La memoria lo esta esperando
y las masas amorfas de amebas rojs, rojitas que aplauden porque tienen la barriga llena (el regimen lanza bocados de pan como a los perros) a ellos tambien la historia los espera
a esas focas que aplauden porque amaestradas
a esos monos que imitan
a esos burros chaviburros que rebuznan..
abrid los ojos, aun estais a tiempo
OJO LA HISTORIA NO PERDONA...
giovedì 18 novembre 2010
Leni Riefenstahl - Wikipedia
Triumph des Willens («Il trionfo della volontà»), girato in questa occasione, diverrà uno dei classici dei film di propaganda, per la capacità di glorificare la figura del Führer, nuovo messia del popolo tedesco. La regia della Riefenstahl riuscì a trasmettere agli spettatori un senso di potenza attraverso inquadrature panoramiche di sterminate masse d'uomini marcianti in formazioni rigidamente inquadrate, musica wagneriana travolgente e scenografie imponenti realizzate per il congresso dall'architetto Albert Speer, destinato a diventare negli anni successivi uno dei più importanti leader nazisti. A completare l'opera e per intervallare l'incalzare delle immagini, la Riefenstahl inserì estratti dei discorsi tenuti dai capi del partito in occasione del raduno.
Lodato da Hitler come «incomparabile glorificazione della potenza e della bellezza del nostro Movimento [nazionalsocialista]», [2] il film venne però criticato dai generali della Wehrmacht che affermarono di essere stati esclusi dalle riprese: in effetti il film contiene solo un breve spezzone relativo alle manovre dell'esercito. Hitler, desideroso di smorzare le polemiche dell'esercito, propose allora alla Riefenstahl di montare alcune scene aggiuntive che avrebbero dovuto mostrare la potenza del "nuovo" esercito tedesco. La Riefenstahl rifiutò il consiglio di Hitler e tornò l'anno successivo a Norimberga per girare un cortometraggio interamente dedicato alle forze armate che prese il titolo di Tag der Freiheit - Unsere Wehrmacht («I giorni della libertà - Il nostro esercito»), dove il termine «libertà» si riferiva al ripudio del trattato di Versailles ed alla reintroduzione della coscrizione obbligatoria in Germania).
Nel 1936 la Riefenstahl venne contattata da Hitler e dal Partito per realizzare un film celebrativo in occasione Olimpiadi di Berlino. Timorosa di eventuali interferenze creative da parte, soprattutto, del potente ministro della Propaganda Joseph Goebbels, ella chiese ed ottenne di poter produrre direttamente il film - a differenza di quanto era avvenuto con i precedenti film girati a Norimberga e prodotti direttamente dallo NSDAP.[1]
Leni Riefenstahl durante le riprese di Olympia dietro all'operatore Walter Frentz.
Il risultato finale fu quello che è considerato il film più importante della regista: Olympia. In Olympia vengono ripresi i temi cari alla Riefenstahl, grandi masse d'uomini, esaltazione della bellezza virile dello sportivo, musica travolgente. Nonostante l'argomento principale riguardi la storia e lo svolgimento delle Olimpiadi, dopo la caduta del nazismo non mancarono critiche al film; molti affermarono che in realtà esso rappresentasse una forma di propaganda in favore del regime hitleriano, che peraltro sfruttò l'intero evento olimpico come cassa di risonanza per mostrare al mondo gli aspetti più benevoli (durante il periodo vennero proibite le persecuzioni antisemite) della "nuova" Germania.
Nonostante le successive critiche, la relativa libertà creativa che la Riefenstahl pretese le permise di dedicare all'afro-americano Jesse Owens, l'atleta più rappresentativo delle Olimpiadi del 1936, una cospicua parte del girato nonostante i richiami di Goebbels, che avrebbe voluto celebrare i trionfi ariani e non certo quelli di un atleta di colore.[1]
La seconda guerra mondiale [modifica]
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale nel settembre 1939 la Riefenstahl stava lavorando al progetto del film Penthesilea, un film tragico, basato sull'opera del drammaturgo Heinrich von Kleist. Il conflitto portò però all'accantonamento del progetto che prevedeva scene girate in paesi ormai in guerra con la Germania. Nel settembre 1939 ella si trasferì in Polonia al seguito per documentare la vittoriosa avanzata tedesca e si presentò presso il quartier generale di von Rundstedt con una pistola nella cintura ed un pugnale infilato nei suoi stivaletti bianchi [3]. Tornò presto dal fronte, disgustata dalle atrocità commesse dall'esercito tedesco sul suolo polacco.[4]
A partire dall'inizio del 1940 la Riefenstahl si dedicò alla produzione di Tiefland («Terra degli Abissi»), un film che aveva in mente già da diversi anni ma che venne completato solamente nel 1954.
Nel 1940 iniziò le riprese di "Tiefland", che dovette abbandonare a causa della guerra e poté riprendere solo nei primi anni cinquanta dopo che, alla fine della guerra mondiale, fu chiamata a rispondere delle sue attività filonaziste.
Il 21 marzo 1944 sposò Peter Jacob, da cui avrebbe divorziato nel 1946.
Dopo la fine della guerra trascorse tre anni fra la detenzione in carceri gestiti dagli Alleati e gli arresti domiciliari. Processata più volte, venne però giudicata non colpevole in quanto non coinvolta nelle attività di guerra né in quelle di sterminio. Sebbene la sua arte abbia avuto una forte connotazione propagandistica, è ormai riconosciuto che in esse non sono presenti gli elementi antisemiti e razzisti che invece permeano le opere di Joseph Goebbels e Julius Streicher.
Durante gli anni sessanta, viaggiò più volte in Africa, dove si dedicò alla fotografia e allo studio della cultura Nuba in Sudan. Il risultato del suo lavoro furono due libri di fotografie, pubblicati nel 1974 e nel 1976 con grande successo. Nel 1972 fu una dei fotografi alle Olimpiadi di Monaco e, nel 1976, fu un'ospite d'onore ai Giochi di Montreal.
Dopo aver realizzato una serie di reportage fotografici subacquei (dedicati, in particolare, alle barriere coralline, nel 2002 ha realizzato il suo ultimo film, un documentario di riprese sottomarine: Meraviglie sott'acqua. All'inizio del 2003 a centouno anni di età si è sposata con il suo collaboratore Horst Kettner, di quarant'anni più giovane di lei. L'8 settembre 2003 è morta nella sua casa di Pöcking (Baviera) all'età di centouno anni.
Filmografia [modifica]
Come regista
La bella maledetta (Das blaue Licht - Eine Berglegende aus den Dolomiten) (1932)
La vittoria della fede (Der Sieg des Glaubens - Der Film vom Reichsparteitag der NSDAP) (1933)
Il trionfo della volontà (Triumph des Willens) (1934)
Giorno della libertà, la nostra Wehrmacht (Tag der Freiheit - Unsere Wehrmacht) (1935)
Olympia (1938)
Tiefland (1954)
Impressionen unter Wasser (2002)
Come attrice [modifica]
La montagna dell'amore Der heilige Berg (1926)
Il grande salto Der große Sprung (1927)
Il crollo degli Asburgo Das Schicksal derer von Habsburg - Die Tragödie eines Kaiserreiches (1928)
La tragedia di Pizzo Palù Die weiße Hölle vom Piz Palü (1929)
Tempeste sul monte bianco Stürme über dem Mont Blanc (1930)
Ebbrezza bianca Der Weisse Rausch - Neue Wunder des Schneeschuhs (1930)
La bella maledetta Das blaue Licht - Eine Berglegende aus den Dolomiten (1932)
S.O.S. Iceberg S.O.S. Eisberg (1933)
Tiefland (1954)
La forza delle immagini (1993)
Raccolte fotografiche [modifica]
Schönheit im olympischen Kampf. Berlino, 1937
The Last of the Nuba. Harper, New York, 1974.
The People of Kau. Harper, New York, 1976.
Bibliografia [modifica]
Sakkara Michele, Leni Riefenstahl, Un mito del XX secolo, Solfanelli, 2009
Riefenstahl Leni, Stretta nel tempo. Storia della mia vita, Bompiani, 2000
Note [modifica]
^ a b c (EN) Jone Johnson Lewis. Leni Riefenstahl in Women's History dal sito web «About». Riportato il 29 novembre 2006.
^ (EN) Trivia for Triumph des Willens dal sito web «Internet movie database». Riportato il 22 novembre 2006.
^ B.P. Boschesi, Il chi è della Seconda Guerra Mondiale -vol.2-pag.135, Mondadori Editore, 1975
^ (EN) Luc Deneulin (2006). Leni Riefenstahl's Tiefland basato sulla tesi di dottorato dell'autore: Leni Riefenstahl, from Arnold Fanck to Adolf Hitler. Riportato il 6 dicembre 2006.
Altri progetti [modifica]
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Leni Riefenstahl
Collegamenti esterni [modifica]
Scheda della regista su IMDB
(EN) Homepage di Leni Riefenstahl
Das blaue Licht. Stills of Walter Riml, photographer of the film
(EN) Leni Riefenstahl - propagandista per il Terzo Reich
(DE) Die Reihen fest geschlossen: I tre canti su Hitler di Leni Riefenstahl
Portale Cinema Portale Donne nella storia Portale Nazismo
Lodato da Hitler come «incomparabile glorificazione della potenza e della bellezza del nostro Movimento [nazionalsocialista]», [2] il film venne però criticato dai generali della Wehrmacht che affermarono di essere stati esclusi dalle riprese: in effetti il film contiene solo un breve spezzone relativo alle manovre dell'esercito. Hitler, desideroso di smorzare le polemiche dell'esercito, propose allora alla Riefenstahl di montare alcune scene aggiuntive che avrebbero dovuto mostrare la potenza del "nuovo" esercito tedesco. La Riefenstahl rifiutò il consiglio di Hitler e tornò l'anno successivo a Norimberga per girare un cortometraggio interamente dedicato alle forze armate che prese il titolo di Tag der Freiheit - Unsere Wehrmacht («I giorni della libertà - Il nostro esercito»), dove il termine «libertà» si riferiva al ripudio del trattato di Versailles ed alla reintroduzione della coscrizione obbligatoria in Germania).
Nel 1936 la Riefenstahl venne contattata da Hitler e dal Partito per realizzare un film celebrativo in occasione Olimpiadi di Berlino. Timorosa di eventuali interferenze creative da parte, soprattutto, del potente ministro della Propaganda Joseph Goebbels, ella chiese ed ottenne di poter produrre direttamente il film - a differenza di quanto era avvenuto con i precedenti film girati a Norimberga e prodotti direttamente dallo NSDAP.[1]
Leni Riefenstahl durante le riprese di Olympia dietro all'operatore Walter Frentz.
Il risultato finale fu quello che è considerato il film più importante della regista: Olympia. In Olympia vengono ripresi i temi cari alla Riefenstahl, grandi masse d'uomini, esaltazione della bellezza virile dello sportivo, musica travolgente. Nonostante l'argomento principale riguardi la storia e lo svolgimento delle Olimpiadi, dopo la caduta del nazismo non mancarono critiche al film; molti affermarono che in realtà esso rappresentasse una forma di propaganda in favore del regime hitleriano, che peraltro sfruttò l'intero evento olimpico come cassa di risonanza per mostrare al mondo gli aspetti più benevoli (durante il periodo vennero proibite le persecuzioni antisemite) della "nuova" Germania.
Nonostante le successive critiche, la relativa libertà creativa che la Riefenstahl pretese le permise di dedicare all'afro-americano Jesse Owens, l'atleta più rappresentativo delle Olimpiadi del 1936, una cospicua parte del girato nonostante i richiami di Goebbels, che avrebbe voluto celebrare i trionfi ariani e non certo quelli di un atleta di colore.[1]
La seconda guerra mondiale [modifica]
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale nel settembre 1939 la Riefenstahl stava lavorando al progetto del film Penthesilea, un film tragico, basato sull'opera del drammaturgo Heinrich von Kleist. Il conflitto portò però all'accantonamento del progetto che prevedeva scene girate in paesi ormai in guerra con la Germania. Nel settembre 1939 ella si trasferì in Polonia al seguito per documentare la vittoriosa avanzata tedesca e si presentò presso il quartier generale di von Rundstedt con una pistola nella cintura ed un pugnale infilato nei suoi stivaletti bianchi [3]. Tornò presto dal fronte, disgustata dalle atrocità commesse dall'esercito tedesco sul suolo polacco.[4]
A partire dall'inizio del 1940 la Riefenstahl si dedicò alla produzione di Tiefland («Terra degli Abissi»), un film che aveva in mente già da diversi anni ma che venne completato solamente nel 1954.
Nel 1940 iniziò le riprese di "Tiefland", che dovette abbandonare a causa della guerra e poté riprendere solo nei primi anni cinquanta dopo che, alla fine della guerra mondiale, fu chiamata a rispondere delle sue attività filonaziste.
Il 21 marzo 1944 sposò Peter Jacob, da cui avrebbe divorziato nel 1946.
Dopo la fine della guerra trascorse tre anni fra la detenzione in carceri gestiti dagli Alleati e gli arresti domiciliari. Processata più volte, venne però giudicata non colpevole in quanto non coinvolta nelle attività di guerra né in quelle di sterminio. Sebbene la sua arte abbia avuto una forte connotazione propagandistica, è ormai riconosciuto che in esse non sono presenti gli elementi antisemiti e razzisti che invece permeano le opere di Joseph Goebbels e Julius Streicher.
Durante gli anni sessanta, viaggiò più volte in Africa, dove si dedicò alla fotografia e allo studio della cultura Nuba in Sudan. Il risultato del suo lavoro furono due libri di fotografie, pubblicati nel 1974 e nel 1976 con grande successo. Nel 1972 fu una dei fotografi alle Olimpiadi di Monaco e, nel 1976, fu un'ospite d'onore ai Giochi di Montreal.
Dopo aver realizzato una serie di reportage fotografici subacquei (dedicati, in particolare, alle barriere coralline, nel 2002 ha realizzato il suo ultimo film, un documentario di riprese sottomarine: Meraviglie sott'acqua. All'inizio del 2003 a centouno anni di età si è sposata con il suo collaboratore Horst Kettner, di quarant'anni più giovane di lei. L'8 settembre 2003 è morta nella sua casa di Pöcking (Baviera) all'età di centouno anni.
Filmografia [modifica]
Come regista
La bella maledetta (Das blaue Licht - Eine Berglegende aus den Dolomiten) (1932)
La vittoria della fede (Der Sieg des Glaubens - Der Film vom Reichsparteitag der NSDAP) (1933)
Il trionfo della volontà (Triumph des Willens) (1934)
Giorno della libertà, la nostra Wehrmacht (Tag der Freiheit - Unsere Wehrmacht) (1935)
Olympia (1938)
Tiefland (1954)
Impressionen unter Wasser (2002)
Come attrice [modifica]
La montagna dell'amore Der heilige Berg (1926)
Il grande salto Der große Sprung (1927)
Il crollo degli Asburgo Das Schicksal derer von Habsburg - Die Tragödie eines Kaiserreiches (1928)
La tragedia di Pizzo Palù Die weiße Hölle vom Piz Palü (1929)
Tempeste sul monte bianco Stürme über dem Mont Blanc (1930)
Ebbrezza bianca Der Weisse Rausch - Neue Wunder des Schneeschuhs (1930)
La bella maledetta Das blaue Licht - Eine Berglegende aus den Dolomiten (1932)
S.O.S. Iceberg S.O.S. Eisberg (1933)
Tiefland (1954)
La forza delle immagini (1993)
Raccolte fotografiche [modifica]
Schönheit im olympischen Kampf. Berlino, 1937
The Last of the Nuba. Harper, New York, 1974.
The People of Kau. Harper, New York, 1976.
Bibliografia [modifica]
Sakkara Michele, Leni Riefenstahl, Un mito del XX secolo, Solfanelli, 2009
Riefenstahl Leni, Stretta nel tempo. Storia della mia vita, Bompiani, 2000
Note [modifica]
^ a b c (EN) Jone Johnson Lewis. Leni Riefenstahl in Women's History dal sito web «About». Riportato il 29 novembre 2006.
^ (EN) Trivia for Triumph des Willens dal sito web «Internet movie database». Riportato il 22 novembre 2006.
^ B.P. Boschesi, Il chi è della Seconda Guerra Mondiale -vol.2-pag.135, Mondadori Editore, 1975
^ (EN) Luc Deneulin (2006). Leni Riefenstahl's Tiefland basato sulla tesi di dottorato dell'autore: Leni Riefenstahl, from Arnold Fanck to Adolf Hitler. Riportato il 6 dicembre 2006.
Altri progetti [modifica]
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Leni Riefenstahl
Collegamenti esterni [modifica]
Scheda della regista su IMDB
(EN) Homepage di Leni Riefenstahl
Das blaue Licht. Stills of Walter Riml, photographer of the film
(EN) Leni Riefenstahl - propagandista per il Terzo Reich
(DE) Die Reihen fest geschlossen: I tre canti su Hitler di Leni Riefenstahl
Portale Cinema Portale Donne nella storia Portale Nazismo
mercoledì 17 novembre 2010
Ingrid Betancourt califica a Chávez como un “gran líder democrático” - Diariocritico Colombia - Noticias
Ingrid Betancourt califica a Chávez como un “gran líder democrático” - Diariocritico Colombia - Noticias
La ex candidata presidencial Ingrid Betancourt consideró al presidente de Venezuela, Hugo Chávez, como un "gran líder democrático" y opinó que el diálogo es una de las mayores armas para exponer las contradicciones de la lucha armada.
"Lo que puedo decir es que considero a Chávez un gran líder y un líder democrático desde el momento en que ha sido elegido democráticamente", afirmó Betancourt en una extensa entrevista publicada por el diario asunceno "Abc Color".
Betancourt se expresó así tras ser preguntada sobre si Chávez estaría alentando a las FARC, en cuyo poder estuvo secuestrada seis años (entre 2002 y 2008), y la reciente polémica española-venezolana sobre la presunta vinculación de un etarra deportado con la banda terrorista ETA y las FARC.
Al afirmar que desconoce esos casos, la ex rehén dijo que el jefe de Estado venezolano "no necesitó matar y secuestrar para llegar al poder", y aseveró que "él tiene que ser consecuente con eso...no puede alentar a grupos antidemocráticos".
"En Colombia tenemos la democracia suficiente para que aquellos que no están de acuerdo con las políticas del Gobierno presenten una alternativa y las sometan a consideración del pueblo por las vías democráticas", enfatizó.
En la entrevista, realizada la pasada semana en Buenos Aires, donde Betancourt estuvo para la presentación de su libro "No hay silencio que no termine", la ex candidata presidencial destacó que el proceso de paz con las FARC ha contribuido para socavar a la guerrilla. Explicó que el punto no tiene que pasar por un reconocimiento de "igual a igual" a la otra parte, ya que al negar el diálogo se puede favorecerle "en su punto más débil".
"Si tu fomentas el diálogo y estás constantemente insistiendo, ellos (los grupos armados) solo mostrarán sus contradicciones como pasó en Colombia", refirió, al aclarar que esa iniciativa "no tiene que significar impunidad".
Añadió que las FARC "se metieron en el proceso de negociación con el objetivo de aprovechar la ventaja de tiempo y espacio que les iban a dar para favorecer militarmente a la organización" y que, por el contrario, "eso les terminó jugando tremendamente en contra", porque "allí se produjo una quiebra con el pueblo colombiano".
El diálogo "es una de las mayores armas contra el terrorismo, la otra es la justicia social. En Colombia vimos que donde hubo inversión social, allí no entró el terrorismo", apunto Betancourt.
La ex candidata presidencial Ingrid Betancourt consideró al presidente de Venezuela, Hugo Chávez, como un "gran líder democrático" y opinó que el diálogo es una de las mayores armas para exponer las contradicciones de la lucha armada.
"Lo que puedo decir es que considero a Chávez un gran líder y un líder democrático desde el momento en que ha sido elegido democráticamente", afirmó Betancourt en una extensa entrevista publicada por el diario asunceno "Abc Color".
Betancourt se expresó así tras ser preguntada sobre si Chávez estaría alentando a las FARC, en cuyo poder estuvo secuestrada seis años (entre 2002 y 2008), y la reciente polémica española-venezolana sobre la presunta vinculación de un etarra deportado con la banda terrorista ETA y las FARC.
Al afirmar que desconoce esos casos, la ex rehén dijo que el jefe de Estado venezolano "no necesitó matar y secuestrar para llegar al poder", y aseveró que "él tiene que ser consecuente con eso...no puede alentar a grupos antidemocráticos".
"En Colombia tenemos la democracia suficiente para que aquellos que no están de acuerdo con las políticas del Gobierno presenten una alternativa y las sometan a consideración del pueblo por las vías democráticas", enfatizó.
En la entrevista, realizada la pasada semana en Buenos Aires, donde Betancourt estuvo para la presentación de su libro "No hay silencio que no termine", la ex candidata presidencial destacó que el proceso de paz con las FARC ha contribuido para socavar a la guerrilla. Explicó que el punto no tiene que pasar por un reconocimiento de "igual a igual" a la otra parte, ya que al negar el diálogo se puede favorecerle "en su punto más débil".
"Si tu fomentas el diálogo y estás constantemente insistiendo, ellos (los grupos armados) solo mostrarán sus contradicciones como pasó en Colombia", refirió, al aclarar que esa iniciativa "no tiene que significar impunidad".
Añadió que las FARC "se metieron en el proceso de negociación con el objetivo de aprovechar la ventaja de tiempo y espacio que les iban a dar para favorecer militarmente a la organización" y que, por el contrario, "eso les terminó jugando tremendamente en contra", porque "allí se produjo una quiebra con el pueblo colombiano".
El diálogo "es una de las mayores armas contra el terrorismo, la otra es la justicia social. En Colombia vimos que donde hubo inversión social, allí no entró el terrorismo", apunto Betancourt.
lunedì 15 novembre 2010
Las Líneas de Chávez: ¡Soldado Bolivariano!
"http://www.lapatilla.com/site/2010/11/14/linea-de-chavez-%C2%A1que-no-nos-descarrilen/">
Las Líneas de Chávez: ¡Soldado Bolivariano!
El Presidente Chávez en sus acostumbradas reflexiones de este domingo aseguró que el General Rangel, “es un soldado bolivariano, un soldado patriota, un soldado revolucionario, es el jefe del Comando Estratégico Operacional, y la campaña de infamias contra su persona, orquestada desde los medios golpistas, se convierte en una ofensa a nuestra dignísima Fuerza Armada Bolivariana”.
Línea por línea
I
El lunes 8 de noviembre estuvimos celebrando, por todo lo alto, el décimo aniversario del Convenio Integral de Cooperación Cuba-Venezuela, en La Habana. No es poca cosa lo que hemos logrado durante estos diez años de su vigencia. Desde aquel luminoso 30 de octubre de 2000 en que fue firmado por el Comandante Fidel Castro y este servidor, Cuba y Venezuela le han dado vida a un nuevo modelo de relacionamiento entre dos países, entre dos pueblos.
Diez años… Se dice fácil, pero hay que ver la cantidad de obstáculos que hemos debido superar para hacer realidad el conjunto de grandes beneficios que ahora disfrutan nuestros pueblos: beneficios que, hoy más que nunca, ameritan el fortalecimiento del Convenio para transitar diez años más hacia la consolidación de nuestras Revoluciones, cada una con sus matices, visiones y propósitos diversos, pero con una poderosa raíz fundamental de donde nuestras Repúblicas reciben la savia nutricia. Me refiero al legado de Bolívar y Martí, uno y el mismo sentimiento nuestroamericano y de Patria Humanidad: es el legado del que es viva encarnación el Comandante Fidel Castro.
Tengamos presente que este Convenio fue la piedra fundacional de la ALBA. Cuba y Venezuela han trazado un camino común y compartido que va mucho más allá de la integración, para retomar y reivindicar plenamente la bandera histórica que nos legaron nuestros Libertadores: la unidad.
La unidad fraterna que se basa en la cooperación, la complementación, la interdependencia, el apoyo mutuo y en la plena identificación con la causa del socialismo: del socialismo no como receta, como dogma, sino como construcción colectiva y, para decirlo con Mariátegui, como creación heroica de cada pueblo.
La gran hermandad entre Cuba y Venezuela tienen una larga historia. Una historia que comienza con los planes de Bolívar y Sucre para liberar a Cuba, abortados por esos enemigos históricos de nuestros pueblos, Páez y Santander, que también dejaron su legado, sí, pero de oprobio y desvergüenza patria: es el legado que encarnan las oligarquías que hacen lo posible y lo imposible por reducir a Nuestra América a un nuevo coloniaje.
Hablando de Bolívar y del proceso de Independencia tanta veces interrumpido y hasta frustrado, decía José Martí en 1893: Acaso en su sueño de gloria, para la América y para sí, no vio que la unidad de espíritu, indispensable a la salvación y dicha de nuestros pueblos americanos, padecía, más que se ayudaba, con su unión en formas teóricas y artificiales que no se acomodaban sobre el seguro de la realidad.
Y para actuar sobre el seguro de la realidad, nada más pertinente que asumir cambios radicales, fundamentados en una nueva subjetividad. El mismo Martí, en 1891, había dado con la fórmula: El problema de la independencia no era el cambio de formas, sino el cambio de espíritu. Durante estos diez años, Cuba y Venezuela hemos logrado, precisamente, el cambio de espíritu.
Son diez años que han estado jalonados por conquistas históricas de la mayor trascendencia, que muy difícilmente habríamos podido alcanzar sin el apoyo fraterno y solidario entre nuestros pueblos y gobiernos.
Bien lo dijo Raúl el 8 de noviembre: Este convenio ha constituido, hasta el presente, la base fundamental para la consolidación de nuestros vínculos. Mediante su ejecución hemos llevado a cabo acciones de elevado beneficio económico y social para ambos pueblos. Entre los sectores más favorecidos en estos programas se encuentran salud, educación, cultura, deportes, agricultura, ahorro energético, minería, informática, telecomunicaciones y la formación integral de cuadros, entre otros no menos importantes.
En el caso de Venezuela, basta con pensar en la Misión Robinson (la liberación de Venezuela del analfabetismo) y en la Misión Barrio Adentro (la primera experiencia histórica de ejercicio sistemático de la medicina social en nuestra Patria). Es por eso que contar con la Revolución Cubana, ha sido y es para la Revolución Bolivariana un poderoso motivo de aliento y estímulo en la batalla por nuestra definitiva Independencia.
Atrás, en el estercolero de la historia, quedarán los maquinadores y apátridas de siempre, a quienes Víctor Valera Mora apostrofaba con su verso rebelde en la década del 60 del pasado siglo: Rabian porque Cuba es el más inmediato querer / y la vergüenza de Fidel toda la dignidad en pie de guerra.
Parafraseando a nuestro Libertador, lo que Cuba y Venezuela ya hemos hecho es un preludio de lo que vamos a hacer en los próximos diez años.
La canalla ha convertido unas palabras de un soldado venezolano, palabras que expresan una firme posición de dignidad, en el pretexto para agredir a la Patria, transgrediendo lo que el buen sentido dictamina e insinuando cualquier tipo de intervención foránea contra Venezuela.
Esa canalla que aplaude todo lo que vomita desde Colombia un confeso narcotraficante en contra de los poderes nacionales, de nuestras instituciones y de compatriotas de dilatada trayectoria a los que me une la vergüenza patria y la vocación de servicio, es la misma canalla que pide que echemos a los leones al General Henry Rangel Silva, precisamente por diferenciarse años luz de aquella casta militar corrupta y complaciente con los intereses apátridas.
Hoy algunos voceros de aquella casta liquidada históricamente por la Revolución Bolivariana, dirigen desde los medios y desde todos aquellos lugares en donde no vean en peligro la comodidad de la que gozan, cobardes como han sido siempre, todo clase de ataques contra nuestro respetado y querido compañero de armas.
A ellos se han unido ciertos actores internacionales, tan lamentablemente anodinos en atención a los inútiles organismos que representan. Me refiero, concretamente, al Secretario General de la OEA, José Miguel Insulza. Sus infelices declaraciones no son otra cosa que un irrespeto contra nuestra soberanía, a sabiendas, como diplomático de largo rodaje, de las consecuencias que una declaración gratuita e irresponsable podía provocar.
Por todas estas razones que han convertido esta situación en un problema de carácter nacional, de dignidad y vergüenza patria, invité especialmente al General Henry Rangel Silva al Consejo de Ministros, el jueves 11 de noviembre, para brindarle nuestra solidaridad y sentar posición de Estado, reafirmando que Venezuela se respeta. No otra cosa pedimos.
El General Rangel, un soldado bolivariano, un soldado patriota, un soldado revolucionario, es el jefe del Comando Estratégico Operacional, y la campaña de infamias contra su persona, orquestada desde los medios golpistas, se convierte en una ofensa a nuestra dignísima Fuerza Armada Bolivariana.
Las declaraciones del General Rangel Silva son las de un soldado que ama lo que hace: un soldado comprometido con la transformación de nuestra Fuerza Armada Bolivariana; son las palabras de un oficial con un respeto sagrado a la profesión, manifiesto en la mesura e inteligencia de sus respuestas y afirmaciones.
Lo he ascendido al grado de General en Jefe como un reconocimiento a sus méritos y sus virtudes. Y como un reconocimiento, por todo lo que Rangel Silva encarna: a todos los soldados y soldadas de nuestra Patria;
a las soldadas y soldados apegados al espíritu y a la letra de la Constitución Bolivariana; a las defensoras y defensores de las garantías sociales, de los derechos del pueblo.
Soldados que me leen: ¡Nunca más estaremos al servicio de la apátrida burguesía y sus amos imperiales!
Vamos para siempre con Bolívar: “Yo sigo la carrera gloriosa de las armas sólo por obtener el honor que ellas me dan; por libertar a mi Patria; y por merecer las bendiciones de los Pueblos”.
“Venceremos”.
Las Líneas de Chávez: ¡Soldado Bolivariano!
El Presidente Chávez en sus acostumbradas reflexiones de este domingo aseguró que el General Rangel, “es un soldado bolivariano, un soldado patriota, un soldado revolucionario, es el jefe del Comando Estratégico Operacional, y la campaña de infamias contra su persona, orquestada desde los medios golpistas, se convierte en una ofensa a nuestra dignísima Fuerza Armada Bolivariana”.
Línea por línea
I
El lunes 8 de noviembre estuvimos celebrando, por todo lo alto, el décimo aniversario del Convenio Integral de Cooperación Cuba-Venezuela, en La Habana. No es poca cosa lo que hemos logrado durante estos diez años de su vigencia. Desde aquel luminoso 30 de octubre de 2000 en que fue firmado por el Comandante Fidel Castro y este servidor, Cuba y Venezuela le han dado vida a un nuevo modelo de relacionamiento entre dos países, entre dos pueblos.
Diez años… Se dice fácil, pero hay que ver la cantidad de obstáculos que hemos debido superar para hacer realidad el conjunto de grandes beneficios que ahora disfrutan nuestros pueblos: beneficios que, hoy más que nunca, ameritan el fortalecimiento del Convenio para transitar diez años más hacia la consolidación de nuestras Revoluciones, cada una con sus matices, visiones y propósitos diversos, pero con una poderosa raíz fundamental de donde nuestras Repúblicas reciben la savia nutricia. Me refiero al legado de Bolívar y Martí, uno y el mismo sentimiento nuestroamericano y de Patria Humanidad: es el legado del que es viva encarnación el Comandante Fidel Castro.
Tengamos presente que este Convenio fue la piedra fundacional de la ALBA. Cuba y Venezuela han trazado un camino común y compartido que va mucho más allá de la integración, para retomar y reivindicar plenamente la bandera histórica que nos legaron nuestros Libertadores: la unidad.
La unidad fraterna que se basa en la cooperación, la complementación, la interdependencia, el apoyo mutuo y en la plena identificación con la causa del socialismo: del socialismo no como receta, como dogma, sino como construcción colectiva y, para decirlo con Mariátegui, como creación heroica de cada pueblo.
La gran hermandad entre Cuba y Venezuela tienen una larga historia. Una historia que comienza con los planes de Bolívar y Sucre para liberar a Cuba, abortados por esos enemigos históricos de nuestros pueblos, Páez y Santander, que también dejaron su legado, sí, pero de oprobio y desvergüenza patria: es el legado que encarnan las oligarquías que hacen lo posible y lo imposible por reducir a Nuestra América a un nuevo coloniaje.
Hablando de Bolívar y del proceso de Independencia tanta veces interrumpido y hasta frustrado, decía José Martí en 1893: Acaso en su sueño de gloria, para la América y para sí, no vio que la unidad de espíritu, indispensable a la salvación y dicha de nuestros pueblos americanos, padecía, más que se ayudaba, con su unión en formas teóricas y artificiales que no se acomodaban sobre el seguro de la realidad.
Y para actuar sobre el seguro de la realidad, nada más pertinente que asumir cambios radicales, fundamentados en una nueva subjetividad. El mismo Martí, en 1891, había dado con la fórmula: El problema de la independencia no era el cambio de formas, sino el cambio de espíritu. Durante estos diez años, Cuba y Venezuela hemos logrado, precisamente, el cambio de espíritu.
Son diez años que han estado jalonados por conquistas históricas de la mayor trascendencia, que muy difícilmente habríamos podido alcanzar sin el apoyo fraterno y solidario entre nuestros pueblos y gobiernos.
Bien lo dijo Raúl el 8 de noviembre: Este convenio ha constituido, hasta el presente, la base fundamental para la consolidación de nuestros vínculos. Mediante su ejecución hemos llevado a cabo acciones de elevado beneficio económico y social para ambos pueblos. Entre los sectores más favorecidos en estos programas se encuentran salud, educación, cultura, deportes, agricultura, ahorro energético, minería, informática, telecomunicaciones y la formación integral de cuadros, entre otros no menos importantes.
En el caso de Venezuela, basta con pensar en la Misión Robinson (la liberación de Venezuela del analfabetismo) y en la Misión Barrio Adentro (la primera experiencia histórica de ejercicio sistemático de la medicina social en nuestra Patria). Es por eso que contar con la Revolución Cubana, ha sido y es para la Revolución Bolivariana un poderoso motivo de aliento y estímulo en la batalla por nuestra definitiva Independencia.
Atrás, en el estercolero de la historia, quedarán los maquinadores y apátridas de siempre, a quienes Víctor Valera Mora apostrofaba con su verso rebelde en la década del 60 del pasado siglo: Rabian porque Cuba es el más inmediato querer / y la vergüenza de Fidel toda la dignidad en pie de guerra.
Parafraseando a nuestro Libertador, lo que Cuba y Venezuela ya hemos hecho es un preludio de lo que vamos a hacer en los próximos diez años.
La canalla ha convertido unas palabras de un soldado venezolano, palabras que expresan una firme posición de dignidad, en el pretexto para agredir a la Patria, transgrediendo lo que el buen sentido dictamina e insinuando cualquier tipo de intervención foránea contra Venezuela.
Esa canalla que aplaude todo lo que vomita desde Colombia un confeso narcotraficante en contra de los poderes nacionales, de nuestras instituciones y de compatriotas de dilatada trayectoria a los que me une la vergüenza patria y la vocación de servicio, es la misma canalla que pide que echemos a los leones al General Henry Rangel Silva, precisamente por diferenciarse años luz de aquella casta militar corrupta y complaciente con los intereses apátridas.
Hoy algunos voceros de aquella casta liquidada históricamente por la Revolución Bolivariana, dirigen desde los medios y desde todos aquellos lugares en donde no vean en peligro la comodidad de la que gozan, cobardes como han sido siempre, todo clase de ataques contra nuestro respetado y querido compañero de armas.
A ellos se han unido ciertos actores internacionales, tan lamentablemente anodinos en atención a los inútiles organismos que representan. Me refiero, concretamente, al Secretario General de la OEA, José Miguel Insulza. Sus infelices declaraciones no son otra cosa que un irrespeto contra nuestra soberanía, a sabiendas, como diplomático de largo rodaje, de las consecuencias que una declaración gratuita e irresponsable podía provocar.
Por todas estas razones que han convertido esta situación en un problema de carácter nacional, de dignidad y vergüenza patria, invité especialmente al General Henry Rangel Silva al Consejo de Ministros, el jueves 11 de noviembre, para brindarle nuestra solidaridad y sentar posición de Estado, reafirmando que Venezuela se respeta. No otra cosa pedimos.
El General Rangel, un soldado bolivariano, un soldado patriota, un soldado revolucionario, es el jefe del Comando Estratégico Operacional, y la campaña de infamias contra su persona, orquestada desde los medios golpistas, se convierte en una ofensa a nuestra dignísima Fuerza Armada Bolivariana.
Las declaraciones del General Rangel Silva son las de un soldado que ama lo que hace: un soldado comprometido con la transformación de nuestra Fuerza Armada Bolivariana; son las palabras de un oficial con un respeto sagrado a la profesión, manifiesto en la mesura e inteligencia de sus respuestas y afirmaciones.
Lo he ascendido al grado de General en Jefe como un reconocimiento a sus méritos y sus virtudes. Y como un reconocimiento, por todo lo que Rangel Silva encarna: a todos los soldados y soldadas de nuestra Patria;
a las soldadas y soldados apegados al espíritu y a la letra de la Constitución Bolivariana; a las defensoras y defensores de las garantías sociales, de los derechos del pueblo.
Soldados que me leen: ¡Nunca más estaremos al servicio de la apátrida burguesía y sus amos imperiales!
Vamos para siempre con Bolívar: “Yo sigo la carrera gloriosa de las armas sólo por obtener el honor que ellas me dan; por libertar a mi Patria; y por merecer las bendiciones de los Pueblos”.
“Venceremos”.
domenica 14 novembre 2010
MOISÉS NAÍM Dilma y Barack: una pareja irresistible
En junio de 2003, el nuevo presidente de Brasil viajó a Washington para conocer a George W. Bush. La víspera de esa reunión, publiqué una columna en el Financial Times donde exhortaba a Bush a ser tan audaz con Brasil como lo estaba siendo con Irak. Solo que, en el caso de Brasil, le pedía que en vez de buscar un cambio de régimen, hiciese todo lo posible por apuntalar al Gobierno de Luiz Inácio Lula da Silva. Le proponía a Bush que hiciera a Lula una oferta que este no pudiese rehusar: un amplio y generoso acuerdo comercial, un sólido respaldo a los programas sociales que el brasileño había prometido en su campaña, y que dejara claro a los mercados financieros internacionales (que en esos momentos aún veían a Lula con suspicacia) que la Casa Blanca sí creía en el ex líder sindical y que le daría su irrestricto apoyo. Ese pacto entre los dos gigantes del continente, escribía yo entonces, podía transformar de manera muy profunda no solo Brasil, sino toda la región. Si ambos países se comprometían a reducir sus restricciones al comercio internacional y a defender juntos la democracia en el continente, e invitaban a los vecinos a unirse a esa alianza, desencadenarían una positiva revolución económica y política en el hemisferio. Para el resto de los países, quedar excluido de un acuerdo de esta magnitud impondría costes prohibitivos.
Barack Obama
A FONDO
Nacimiento: 04-08-1961
Lugar:Honolulu
Dilma Rousseff
A FONDO
Nacimiento: 14-12-1947
Lugar:Belo Horizonte
La noticia en otros webs
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en otros idiomas
Una sólida alianza de Brasil y EE UU puede transformar toda la región
En aquella columna también reconocía que era muy fácil burlarse de mi propuesta... y de mi ingenuidad.
Esa primera reunión entre Lula y Bush fue muy exitosa y el conservador estadounidense y el laborista brasileño sorprendieron al mundo con su muy cordial relación inicial. Pero no pasó nada más. No hubo ningún interés de la Casa Blanca en hacerle propuestas concretas a Brasil. Y afortunadamente, Lula no necesitó de Washington para impulsar el enorme progreso que registró su país durante su presidencia. Pero siete años más tarde, mi idea sigue siendo válida.
Una alianza sólida de Brasil y Estados Unidos puede ser una de las innovaciones geopolíticas más importantes de estos tiempos. Y quizá la más viable. No se trata de que los soldados brasileños vayan a morir en las arbitrarias guerras de los estadounidenses, o de que Brasilia se supedite a los dictados de Washington. Esos tiempos ya pasaron y Estados Unidos ni siquiera cuenta ahora con el apoyo incondicional de aliados tradicionales, como los ingleses o los canadienses. Se trata de llegar a una serie de acuerdos -muy posibles- sobre temas esenciales para ambos países y para el resto del mundo: de las relaciones comerciales al cambio climático, de las reformas de las finanzas y el comercio internacional a la proliferación nuclear o la manera en la que el mundo manejará las inevitables dislocaciones producidas por el creciente poder económico y político de China, India y, por supuesto, Brasil. Es obvio que ambos países deberán hacer concesiones y que a la superpotencia del norte y al gigante del sur no les será fácil aceptar algunas de las condiciones del otro. Pero de eso se trata. De entender que estos compromisos son un precio que vale la pena pagar por forjar una alianza que puede tener un enorme impacto positivo.
Mi propuesta, entonces, es que Dilma Rousseff, la próxima presidenta de Brasil, haga a Barack Obama una oferta tan atractiva que este no se pueda darse el lujo de rechazarla. Por muchas razones, Obama va a ser mucho más receptivo a esta oportunidad de hacer historia que su predecesor. Para los brasileños esto supone un cambio difícil: dejar de creer que lo que le conviene a los Estados Unidos es malo para Brasil. A veces es así, y los intereses de uno chocan con los del otro. Pero en muchos otros casos no. De hecho, los temas donde hay intereses comunes son más numerosos e importantes que aquellos en los que hay, y seguirá habiendo, diferencias irreconciliables.
Conozco bien la lista de las objeciones y obstáculos a esta propuesta. Y sé que sigue siendo una ingenuidad. Pero no es mal ejercicio que la próxima presidenta de Brasil piense con audacia en cómo revolucionar la relación de su país con EE UU. El potencial de bienestar y progreso que se desencadenaría si esta ingenuidad se transforma en una realidad es demasiado grande como para que Rousseff ni siquiera la imagine y la explore. El escepticismo a veces puede ser mucho más oneroso y cegador que la ingenuidad.
mnaim@elpais.es
Barack Obama
A FONDO
Nacimiento: 04-08-1961
Lugar:Honolulu
Dilma Rousseff
A FONDO
Nacimiento: 14-12-1947
Lugar:Belo Horizonte
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Una sólida alianza de Brasil y EE UU puede transformar toda la región
En aquella columna también reconocía que era muy fácil burlarse de mi propuesta... y de mi ingenuidad.
Esa primera reunión entre Lula y Bush fue muy exitosa y el conservador estadounidense y el laborista brasileño sorprendieron al mundo con su muy cordial relación inicial. Pero no pasó nada más. No hubo ningún interés de la Casa Blanca en hacerle propuestas concretas a Brasil. Y afortunadamente, Lula no necesitó de Washington para impulsar el enorme progreso que registró su país durante su presidencia. Pero siete años más tarde, mi idea sigue siendo válida.
Una alianza sólida de Brasil y Estados Unidos puede ser una de las innovaciones geopolíticas más importantes de estos tiempos. Y quizá la más viable. No se trata de que los soldados brasileños vayan a morir en las arbitrarias guerras de los estadounidenses, o de que Brasilia se supedite a los dictados de Washington. Esos tiempos ya pasaron y Estados Unidos ni siquiera cuenta ahora con el apoyo incondicional de aliados tradicionales, como los ingleses o los canadienses. Se trata de llegar a una serie de acuerdos -muy posibles- sobre temas esenciales para ambos países y para el resto del mundo: de las relaciones comerciales al cambio climático, de las reformas de las finanzas y el comercio internacional a la proliferación nuclear o la manera en la que el mundo manejará las inevitables dislocaciones producidas por el creciente poder económico y político de China, India y, por supuesto, Brasil. Es obvio que ambos países deberán hacer concesiones y que a la superpotencia del norte y al gigante del sur no les será fácil aceptar algunas de las condiciones del otro. Pero de eso se trata. De entender que estos compromisos son un precio que vale la pena pagar por forjar una alianza que puede tener un enorme impacto positivo.
Mi propuesta, entonces, es que Dilma Rousseff, la próxima presidenta de Brasil, haga a Barack Obama una oferta tan atractiva que este no se pueda darse el lujo de rechazarla. Por muchas razones, Obama va a ser mucho más receptivo a esta oportunidad de hacer historia que su predecesor. Para los brasileños esto supone un cambio difícil: dejar de creer que lo que le conviene a los Estados Unidos es malo para Brasil. A veces es así, y los intereses de uno chocan con los del otro. Pero en muchos otros casos no. De hecho, los temas donde hay intereses comunes son más numerosos e importantes que aquellos en los que hay, y seguirá habiendo, diferencias irreconciliables.
Conozco bien la lista de las objeciones y obstáculos a esta propuesta. Y sé que sigue siendo una ingenuidad. Pero no es mal ejercicio que la próxima presidenta de Brasil piense con audacia en cómo revolucionar la relación de su país con EE UU. El potencial de bienestar y progreso que se desencadenaría si esta ingenuidad se transforma en una realidad es demasiado grande como para que Rousseff ni siquiera la imagine y la explore. El escepticismo a veces puede ser mucho más oneroso y cegador que la ingenuidad.
mnaim@elpais.es
sabato 13 novembre 2010
Noticias: A más represión, más disidencia pacífica - Un Mundo Sin Mordaza
Noticias: A más represión, más disidencia pacífica - Un Mundo Sin Mordaza
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjNDGLB2axcQdEZSgfsKBr5NZUl_F5qF8cdZTPYQyDPgn9Q3BVe77iY37XBW42OCLoQTUH7zkvBuU3yGLcbIO2npw8vLdt6PUZ15Nra6aXm0c8xS2S23ojUIpYoaM4oUHHFbpbqBLebcM/s1600/189692845.jpg
Signori, oramai non ci possono essere più dubbi. In Venezuela stiamo vivendo sotto la pressione e maltratto di una vile dittatura. Nessuno può neanche scherzare. Ma la cosa peggiore e che il popolo, anche quello che fino a ieri votava Chavez, piano piano sta aprendo gli occhi e stanno manifestando, pacificamente, come può farlo un cittadino verso il suo governante. Ma il governante, malato di potere cosa decide: mette in carcere qualsiasi individuo non la pensi come lui... Riuscirà a metterne tanti, visto che oramai siamo maggioranza.?
Mio Dio, cosa da non credere o cose da matti
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